Un Rinoceronte per il Papa

rinocerontibusNon si trovano molte recensioni di questo romanzo, in Rete; e la maggior parte sono dubbiose o negative. Si dice che è un libro prolisso, inutilmente cervellotico, inconcludente, noioso e così via. Io, dopo un anno e mezzo di faticosa lettura (prima in inglese, poi in italiano, poi, visto che il traduttore a due terzi del libro getta la spugna e abbandona ogni parvenza di grammatica, di nuovo in inglese) , l’ho trovato eccezionale. Per dire: inizia con una panoramica del Mar Baltico. Ma inizia un po’ alla lontana: dalla fine dell’ultima Era Glaciale, con la lotta tra la terra, il mare e il vento per plasmare le coste, con il lento mutare dei fondali che porta all’instaurarsi di nuovi ecosistemi, con l’arrivo di popolazioni di aringhe che per migliaia di generazioni vivono la loro vita d’aringa nelle quiete e gelide acque del Nord. Finchè, dopo dieci pagine, il loro monotono tran-tran viene turbato: sopra le loro teste squamose galleggia una botte. E nella botte c’è un uomo. Un inizio così è talmente assurdo che o ti stronca o ti cattura – e avete già capito da che parte io stia. Comunque, aringhe a parte, questo monumentale racconto prende spunto da un fatto storico: una spedizione portoghese, partita nel 1516 per le Indie, per procurare un rinoceronte da offrire in dono a Papa Leone X. Si, perchè gli Spagnoli avevano già regalato al Pontefice un elefante – e i Portoghesi non potevano essere da meno. E siccome Plinio aveva scritto che il rinoceronte è nemico mortale dell’elefante, ecco spiegato tutto. Ma non tutti vedono di buon occhio quest’impresa; e anzi, segretamente si complotta perchè fallisca: e quale metodo migliore che non affidarne il comando a un perfetto incapace? Ovvero, il tizio nella botte di cui sopra. Che si chiama Salvestro ed è un ex-mercenario, nativo proprio di queste contrade piene di aringhe, che scende in Italia in cerca di fortuna, e, sopravvissuto al sacco di Prato del 1512 – che dalle descrizioni dev’essere stato un inferno – torna al nord a cercare una leggendaria città sottomarina chiamata Vineta (che probabilmente è Venezia, ma lui non lo sa). Niente città sommersa, niente ricchezze leggendarie, niente fortuna: e allora Salvestro, affiancato dall’inseparabile compagno d’arme Bernardo (un tizio enorme, forte come un bue ma non proprio sveglissimo), accetta di tornare in Italia per scortare un gruppo di monaci il cui monastero sta lentamente sprofondando nel fango ormai da decenni: lo hanno costruito dove fu loro ordinato, e hanno continuato a ripararlo e a puntellarlo – finchè, dopo il crollo dell’ennesima navata, decidono di recarsi dal Papa per chiedergli se non possono ricostruirlo un cinquanta metri più in là, sulla roccia.
Questo libro è, semplicemente, sterminato: vi sono centinaia di personaggi, di eventi, di luoghi, di “cose” – e in effetti ci si perde quasi infallibilmente e bisogna tornare sui propri passi e ricontrollare – oppure fingere nulla e sperare che si chiarisca tutto più in là (una tecnica che di solito non funziona); e Lawrence Norfolk, l’autore, è uno a cui piace scrivere proprio per il gusto di scrivere, e si vede: le pagine dedicate alla guerra dei ratti nelle viscere dei palazzi romani, l’Asia e l’Africa e il Nord Europa, i mercenari assurdi cui Salvestro si aggrega, gli inconfessabili segreti del Vaticano e della nobiltà italiana, spagnola e portoghese; e così via e così via. E’ il genere di libro che difficilmente si finisce, e che, quando lo finisci, lo metti via dicendo “madonna che fatica” – e poi, dopo qualche tempo, ci ripensi, ed è come ricordare una vecchia campagna di giochi di ruolo: “era lì quella scena col capo mercenario senza gambe, che si faceva portare in giro su una portantina? – e la rissa in chiesa, coi frati che invocano oscuri codicilli e bolle papali mentre le guardie del cardinale li bastonano di santa ragione? – e la messa solenne, con le galline in chiesa e i bambini del coro che sputano dalle balconate sulle parrucche dei nobili?” – beh, è stata una soddisfazione arrivare in fondo.


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Una profonda riflessione su “Un Rinoceronte per il Papa

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