Acqua, Luce e Gas: la Trilogia dei Lavori Pubblici

Acqua, Luce E Gas
Sutter riuscì a staccare il Castoro dal proprio cuoio capelluto e lo sbattè sul ponte finchè non smise di mordere. L’uomo si raddrizzò, respirando a fatica dal naso rotto. Si girò e si trovò faccia a faccia con un eschimese nudo in posa da karateka. “Cazzo, starai scherzando”, disse Sutter. Ma Ventinove Parole era assolutamente serio. Nudo, ma serio.

Matt Ruff ci propina questa trilogia fantascientifica in un unico romanzo – un unico romanzo che contiene materiale per un’intera collana. In effetti, a ben vedere, le linee narrative principali sono tre, il che più o meno giustifica il parlare di “trilogia”, frullate assieme e unite a una foresta di narrazioni secondarie che rendono questa storia una vera e propria epopea. Premetto che a me piacciono i romanzi popolosi, e qui di personaggi ce n’è un vero esercito. E oltre che tanti sono anche uno più strambo dell’altro, il che non guasta mai. Ma procediamo con ordine. Uno dei protagonisti della storia è Harry Gant, il prototipo del self-made man: ricchissimo, giovane, bello, intelligente, entusiasta come un cucciolo di san bernardo e in definitiva troppo minchione per riuscire antipatico. Il suo avversario, più per partito preso che per effettiva inimicizia, è Philo Dufresne, ecoterrorista, con il suo sommergibile a pallini e un equipaggio di sconvolti (fra cui Ventinove Parole per la Neve, l’eschimese esperto di arti marziali citato sopra) – ah, il sommergibile si chiama Yabba-Dabba-Doo. Naturalmente. Il terzo personaggio principale è Joan Fine, ex-moglie di Gant, figlia di una suora lesbica (non fate domande) e ridotta ora a lavorare come cacciatrice di squali nelle fogne di New York. Una New York rivoltata come un calzino dalle geniali intuizioni urbanistiche di Gant, che vuole costruire un palazzo alto milleseicento metri (e ci sta riuscendo) ma soprattutto sconvolta dalla Pandemia che nei primi anni del Ventunesimo Secolo, cancellò una fetta considerevole della razza umana dalla faccia del pianeta: gli africani. Si, non ci sono più neri. Anzi, ci sono i Negri Elettrici, robot tuttofare (prodotti da Gant, ovviamente) che la gente acquista a milioni, simili allo Zio Tom del romanzo. E già fin qui capirete che Matt Ruff non ci sta con la testa. Proseguendo, Philo Dufresne e il suo sottomarino si imbarcano in una spedizione per salvare gli ultimi lemuri rimasti sulla terra e tenuti in ostaggio dai perfidi burocrati della Gant Corporation (all’insaputa del loro capo) – mentre Joan viene assunta dalla moglie di Philo, giornalista, per indagare sulla misteriosa morte di alcuni soci del miliardario – soci che non erano d’accordo con alcune sue scelte. Joan è accompagnata, in questa sua indagine, da una veterana della Guerra di Secessione (che, per essere giunta alla bella età di 181 anni è ancora in ottima salute) e dalla scrittrice Ayn Rand, profetessa dell’ultracapitalismo, resuscitata al computer. Mi fermo qui e non vado oltre, se non per dirvi che Walt Disney ha un ruolo importante e inquietante in questa oscura vicenda. Ma “Acqua, Luce e Gas”, più che un romanzo, sembra una forsennata corsa sull’ottovolante. Oltre a questi personaggi c’è un miliardo di comprimari, che magari compaiono per una scena ma riescono comunque a lasciare il segno; e c’è una tale abbondanza di idee, invenzioni, trovate, colpi di scena, che fanno onore a Ruff – e al suo pusher. Ci sono squali mutanti (l’invincibile Meisterbrau), castori meccanici, coccodrilli albini, Boy Scout allo sbaraglio, la Regina Elisabetta, (“Ci dica, fedele suddito, chi è la donna più ricca e potente del mondo intero?” – “Voi, Vostra Maestà” – “Lo ripeta, per favore” – “Voi, Vostra Maestà” – “Un’altra volta”…), cyborg impazziti, automobili parlanti, cannoni spara-salami, il tutto mescolato a dialoghi surreali e a continui riferimenti alla cultura pop – da Alien a Guerre Stellari, cosa che ha meritato a Ruff continui paragoni con Pynchon (“Hai presente il libro di quel tizio che non si lascia fotografare da nessuno?” – “Tu hai letto il libro di quel tizio che non si lascia fotografare da nessuno?” – “No, ovvio, nessuno lo ha mai letto”). Solo che Pynchon è più sottile, e di solito impieghi otto-dieci pagine per renderti conto che sta dicendo cazzate. Matt Ruff è molto più diretto, e noi gli vogliamo bene per questo.


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Una profonda riflessione su “Acqua, Luce e Gas: la Trilogia dei Lavori Pubblici

  1. Pynchon scrive cazzate forse in Vizio di forma ma nelle prime opere tuttecapolavori proprio no se poi uno cerca cosa di meglio leggiamo Robert Coover per Sheckley c’è un crinale tra prima e dopo l’acido rappresentato da Giardiniere di uomini li si che ci sono cazzate comunque geniali

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