Ho riletto a distanza di sa dio quanti anni quello che avevo sempre considerato come un capolavoro, come uno dei «miei» libri, non so se mi spiego: «Il Popolo dell’Autunno», di Bradbury. Ci sono arrivato per una di quelle curiose associazioni di idee, sincronismi letterari o come li volete chiamare, da una frase letta nel Dracula di Stoker, non so se avete presente, «Risata è un re e viene come e quando piace a lui»; visto che anche qui la risata ha un ruolo molto importante, insomma, ecco spiegato l’arcano.
E ‘sticazzi, direte voi.
Ma c’era anche un secondo motivo. Ho maturato negli anni la convinzione che Bradbury sia uno scrittore invecchiato male; che il suo stile sia a volte ben più che lirico, anzi, pomposo ed eccessivo («Io inclino le pietre, e Jim afferra i frammenti freddi che si celano sotto le pietre», ma chi diamine parla così, un tredicenne, poi?); che le sue storie siano così perfettamente «adolescenziali» da risultare quasi imbarazzanti se rilette troppo tardi, così come ben pochi possono rileggere a quarant’anni le minchiate che scrivevano sulla smemo al liceo senza ritrovarsi a pensare «certo che ero proprio un caz-»
Così mi sono ritrovato nell’imbarazzante situazione di non riuscire a entusiasmarmi nel rileggere il mio libro preferito di uno dei miei autori preferiti. Le critiche che sono state mosse a Bradbury da altri scrittori, Disch, Damon Knight eccetera, per dire, sui suoi mostri di cartapesta, sulle sue espressioni barocche, non sembrano poi campate in aria; «i suoi orrori hanno l’aspetto dei costumi di Halloween; il suo sentimentalismo dà la nausea; i suoi sermoni sono intrusivi e degni di una maestrina; è ignorante e indisciplinato», così diceva Disch.
Ah, sì?
A quel punto mi è capitato sott’occhio un commento dell’anobiiana Valentina Paggi! (sì, col punto esclamativo), che su alcuni racconti di Bradbury esprimeva qualche dubbio non dissimile dai miei, e fra l’altro: «…cos’ho perso a diventare adulta, arida e sterile, che mi attacco alla grammatica traballante e alle ripetizioni e penso “io avrei fatto così” o “questa frase suona proprio male” invece di vedere la poesia […] Mio dio, cosa ci hanno fatto?????»
Al che è diventata una questione di principio. Diventare adulti non è per forza sinonimo di inaridirsi, e se qualcuno ci ha fatto credere il contrario, davvero, Mio dio, cosa ci hanno fatto? Diventare adulti dovrebbe essere sinonimo di ampliare le vedute, approfondire le conoscenze, rinsaldare le opinioni meritevoli e mutar le altre; diventare adulti dovrebbe essere come essere adolescenti, ma meglio. Quello che voglio dire è che se davvero ogni età della vita ha i suoi pregi, non c’è scritto da nessuna parte che uno escluda gli altri: si dovrebbe cercare di mantenere la purezza dell’infanzia, l’entusiasmo dell’adolescenza, la razionalità dell’età adulta, la saggezza della vecchiaia (ed è proprio in questo modo che nel romanzo il vecchio Charles alla fine salva la baracca). Ma questa è un’altra storia. Il punto è che non c’è nulla di male nell’entusiasmarsi da adulti per le cose che ci appassionavano da ragazzi, se lo si fa nel modo giusto; se non ci si ferma all’aspetto più superficiale ma si è capaci di andare oltre; se si è capaci di ampliare, in qualità e in quantità. E leggere un libro è la stessa cosa: l’autore ti dà il materiale, ma la storia te la devi scrivere tu, nella tua testa, coi mezzi che hai a disposizione da bambino, da adulto, da vecchio. Una storia è solo un elenco di parole: e per quanta ricerca possa fare un autore, per quanto possa scrivere in maniera precisa, evocativa, tecnicamente impeccabile, se tu nella tua testa hai un campo di patate e non sai dargli la «scintilla», resterà sempre lettera morta.
Così ho chiuso il libro, l’ho ricominciato daccapo, e ho cercato di metterci del mio, di «scolpire» le immagini, come dice Elèmire Zolla, perchè uno scrittore deve indicare una strada, non ti ci deve portare in braccio, e magari chiederti prima se la meta è di tuo gradimento. E la figura del signor Dark, per dirne una, che a ben vedere non è altro che un tizio tatuato, sai quanti ne abbiamo visti nei film di mazzate di tizi tatuati, il signor Dark è diventato una specie di sinistro Raul Julia, coi baffi impomatati e i capelli lucidi, col vestito impeccabile che sembra fatto di spine e di formiche, con l’occhio pallato e il sorriso omicida, e i tatuaggi che quando non li guardi sai che scivolano, cambiano, si spostano, e quando Jim e Will si nascondono tra gli scaffali della biblioteca, e la mano del signor Dark si sporge dall’angolo, e su ogni dito c’è tatuato un occhio, e Jim e Will sanno che con quegli occhi lui li ha visti, beh, quella è una scena da standing ovation.
Oppure la scena in cui Charles Holloway ritrova i giornali di cent’anni prima, e scopre che il circo è sempre lo stesso, e rilegge le parole del vecchio predicatore:
«Che cosa pulsa nelle loro teste? Il verme. Che cosa guarda attraverso i loro occhi? Il serpente. Che cosa parla attraverso le loro bocche? Il rospo. Che cosa ode attraverso le loro orecchie? L’abisso tra le stelle. Scatenano il temporale umano per le anime, divorano la carne della ragione, riempiono le tombe di peccatori. Si agitano freneticamente. Corrono come scarafaggi, strisciano, tessono, filtrano, si agitano, fanno oscurare tutte le lune e rannuvolano le acque chiare. La ragnatela li ode, trema… si spezza. Questo è il popolo dell’autunno. Guardatevi da loro.»
Se potete rimanere impassibili di fronte a un pezzo come questo, avete l’animo di un assessore leghista, e possa iddio aver pietà di voi. Ma il discorso vale per tutto il libro, se sapete leggerlo nel modo giusto, assaporarlo, ascoltarlo, farlo vostro, come un film di cui l’autore scrive il soggetto ma gli attori, la regia, la colonna sonora, i costumi, i dialoghi, li dovete scegliere voi.
Uno scrittore getta dei semi, ma se non li sapete far germogliare, ca**i vostri: venite a dire che Bradbury non è un bravo scrittore perchè, dice sempre Disch, nell’incipit di «The Night» parla del profumo delle mele e dei lillà ma guarda che mele e lillà non fioriscono nello stesso momento, e un bravo scrittore si documenta – e cosa vi si può rispondere, se non una solenne pernacchia? Perchè Bradbury magari non ne sa di botanica ma ha scritto il Piccolo Assassino, ha scritto C’era una volta una vecchia signora, ha scritto quel racconto del tizio che si alza di notte e va a uccidere il compagno di classe che non vede da trent’anni; ha scritto quel racconto che finisce con «… e poi un idiota ha acceso la luce», porca pupazza, ha scritto cose che le leggete una volta e campaste come Matusalemme non le scorderete mai. E voi mi venite a dire che i suoi mostri sono di cartapesta? Ma per favore.
Ehm.
Sapete perchè c’è gente che dice queste cose? Perchè è gente vuota. Perchè è gente che vuole la pappa pronta, che non ha immaginazione e vuole che qualcun altro immagini per lui, non gli basta che qualcuno dica «un’astronave», vuole dati, planimetrie, statistiche, numeri… immagini. E’ gente che non è capace di provar paura leggendo un racconto di Buzzati, vuole descrizioni pignole e anatomicamente corrette di sbudellamenti e amputazioni. E’ gente che vuole il 3d e la computer graphic, non una buona trama anche se gli scenari sono di cartone; è gente che se avesse davanti il signor Dark, con tutti quei mostri tatuati, con quell’esercito di chimere, quel bestiario animato, ci cascherebbe all’istante: ipnotizzata, incantata dalle forme e dai colori, dalle giostre e dalle musichette (mentre fuori c’è la morte), diverrebbe un altro dei suoi fenomeni. Magari ci sta qualche riferimento al momento storico presente ma non era mia intenzione.
A questa gente si risponde solo con una bella risata, e qui ritorniamo al dottor Van Helsing: la risata è un re, e fa quel che vuole. Con una risata Charles e Will sconfiggono la Strega della Polvere, non con un fucile, e il signor Dark è immortale e forte come Superman ma ha paura di un abbraccio e di un sorriso. Non c’è mostro nè tiranno nè incantesimo che possa sopravvivere a una bella risata liberatoria (e qui permettetemi un accenno all’attualità, ma secondo me la svolta vera e propria nella recente campagna elettorale per le amministrative è stata proprio la gag di Sucate) – e il sortilegio peggiore che si possa subire è quello per cui ci si convince che esistano davvero le «cose serie», e che bisogna affrontarle in modo serio e responsabile e in men che non si dica ci si ritrova a parlare come D’Alema.
Per cui lunga vita ai mostri di gomma e agli scenari di cartapesta, alle astronavi di latta e ai marziani verdi con le antennine; lunga vita a chi sa ancora ridere e vedere il mondo con gli occhi di un bambino; e se qualcuno prova ancora a parlar male di zio Ray ci troviamo da qualche parte la mattina presto e ce le diamo di santa ragione, e non importa chi resta in piedi perchè alla fine ci faremo una bella risata e andremo tutti assieme a farci una birra.
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..ho l’impressione che la mia scintilla stia sobillando un campo di papaveri..
Ehm.
la saggezza sottile, il profondo ingegno sono talvolta tanto profondi da non essere..assolutamente..compresi
cos’altro dire.. chi non ha libertà, non ha ilarità
vdn
E comunque il racconto del tizio che si alza di notte per andare a uccidere il compagno di classe dovrebbe essere “Delitto senza castigo”, e quello dell’idiota che accese la luce è il meraviglioso “Gioco d’ottobre”, racconto su cui sono girate eterne discussioni perché ognuno reinterpreta il finale a modo suo… Capolavori!
@ Valentyna: Esatto, anche se sul finale di Gioco d’Ottobre non credo di aver mai avuto dubbi… un’ottima scusa per andare a rileggermelo.
@Vento del Nord: Tu parli con lingua diritta e dici cose sagge. Augh. 😉
..honorado ..Señor
vdn
Io, inoltre, devo a Bradbury la mia invenzione
di un pratico congegno che ho chiamato
-Stermina-mondi-
e che ,vorrei ricordare, è ora in vendita
anche in comoda versione tascabile,
a idrogeno e liquirizia,
in sette colori
e, ancora per pochi giorni,
con lo sconto del 97 %
Non per dire ma è un affare.
.. sono troppo distante, tra breve mi verrà tolta la comunicazione, sto per varcare la soglia spaziale insieme a Marzio, il marziano. non penso ci metterò molto a tornare..il tempo di finire i panini al sacco!
vdn
ho incontrato questo sito per caso. e sempre meno riesco a staccarmene..dal sito e dai suoi interessanti frequentatori e collaboratori. Questo articolo per esempio mi ha proprio colpito. Grazie per averlo scritto..
Il popolo dell’autunno è, rimane e rimarrà uno dei miei romanzi preferiti. Questo pezzo è sublime. Questo sito è una droga. Voi siete matti. Ciò è bene.