Il Metodo Antistronzi – quello vero /2


Dicevamo dunque di Harlan Ellison. La cosa andò più o meno così: nel contratto che lo legava a una grande casa editrice, aveva chiesto e ottenuto che nei suoi libri non comparissero mai pagine aggiuntive di pubblicità (negli Usa si inseriscono – o almeno si inserivano – nei paperback) di alcool e sigarette. Così, quando gli capitò sottomano la ristampa di un suo volume con le sue belle pagine di pubblicità di alcool e sigarette, chiese spiegazioni all’editore. Spiegazioni che non arrivarono. Così, tramite il suo agente, chiese all’editore di ritirare quella partita di libri e di ristamparne un’altra senza la pubblicità dei bastoncini per il cancro. Gli dissero che poteva scordarselo. Così (e tre) si rivolse a un avvocato per ottenere l’annullamento del contratto. Gli dissero di scordarselo. E qui inizia l’epica battaglia. Ovvero:
Regola Numero Uno: non partite con la Bomba Atomica. C’è un lungo elenco di possibilità di ottenere giustizia quando si subisce un torto, possibilità che da una parte vi consentono di rimanere sempre dalla parte della ragione, dall’altra permetteranno a tutti quanti di notare e lodare la vostra pacatezza e il vostro buon senso. Dalla discussione pacata, alla lettera alla mamma del bastardo, al giudice di pace, non sempre è necessario fare fuoco e fiamme per ottenere ciò che ci spetta. Anche se spesso dà più soddisfazione.
Regola Numero Due: prendetevi il vostro tempo. A parte l’ovvia considerazione sulla vendetta da consumare fredda, c’è da dire che prendersela comoda aiuta a porre le cose nella giusta prospettiva, e spesso, a rendersi conto che dopotutto non ne vale la pena. Molto spesso la ragione e il torto sono mescolate in una specie di fanghiglia informe, ed è difficile in questo caso parlare di legittima vendetta. Se parcheggiate su un passo carraio e trovate la macchina rigata, avete poco di cui vendicarvi. Se invece ne vale la pena, è probabile che il bastardo che vi ha rovinato la vita vi abbia già dimenticato, e la vostra ira funesta gli piomberà tra capo e collo quando meno se lo aspetta.
Regola Numero Tre: non prendetevela con chi non c’entra. Nel caso di Ellison, il suo nemico non era la casa editrice, gli impiegati e le segretarie e i fattorini e quelli delle pulizie; era l’amministratore che aveva deciso di infrangere in maniera plateale una delle norme del contratto. Ce n’è più di quanta si immagini, di gente così: quelli che contano sul fatto che “ve ne farete una ragione” perchè loro sono più forti e hanno più avvocati, e se portate la cosa in tribunale la causa andrà avanti chissà quanto e vi costerà una barca di quattrini e non ne vale la pena. Ma la ragione è dalla vostra parte.
Regola Numero Quattro: cercate di non sembrare dei maniaci. Cercate di sembrare equilibrati e corretti. Fate in modo che il vostro ricorso alla Bomba Atomica appaia l’inevitabile conseguenza della loro arroganza. Ovvero, tempestate di lettere, telegrammi e telefonate l’ottuso bastardo finché questi non perde le staffe e vi ricopre di insulti. Come se avesse ragione lui! Quando si arriva a questo punto, si aprono le danze.
Regola Numero Cinque: divertitevi. Eviterete di diventare dei tenebrosi mentecatti tipo il Capitano Achab e male che vada potrete approfittarne per chiedere la semi-infermità mentale. Questa storia risale agli anni ’70. Era ancora possibile spedire per posta pacchi anonimi. Così l’amministratore di cui sopra si vede recapitare un pacco indirizzato a lui: all’attenzione dell’amministratore! urgente! consegna a mano! fragile! materiale importante! Dentro c’è un mattone. Anonimo. Nei primi dieci giorni arrivano duecentotredici mattoni. Tutti impacchettati uno per uno, anonimi, urgenti, personali. Poi il ritmo si stabilizza sui quaranta a settimana. Nessuna segretaria può permettersi di rimandare indietro un pacco indirizzato all’amministratore, anche quando si sa che dentro c’è un mattone. E così ogni due per tre arriva un mattone. Dopo un paio di mesi Ellison telefona dicendo che a questo punto, visto che i diritti di pubblicazione del suo libro non gli sono ancora stati restituiti, quei mattoni conviene utilizzarli per costruire un bunker.
Regola Numero Sei: fate in modo che sia evidente, al vostro obiettivo, che non state scherzando. Questa è guerra. Entra in scena Sandor, un conoscente dell’Autore che sosteneva di essere un killer professionista. Nessuno lo aveva mai preso sul serio in quanto lituano (un killer lituano? Cos’è, uno scherzo?), ma a questo punto Ellison gli chiede una mano e gli fornisce una fotografia della sua nemesi, una fotografia tratta da una di quelle riviste patinate in cui questo genere di persone senza scrupoli vengono lodate per la loro mancanza di scrupoli e la loro abilità di fare montagne di soldi ignorando bellamente i diritti degli altri. Si chiama “finanza“. Sta di fatto che una sera il povero manager si vede affiancare per strada da un losco figuro che gli dice qualcosa tipo: «tuo figlio si chiama Michael, tua figlie Michelle, lei va alla Cadwaller School di Long Island, lui è ad Harvard; abitate in Grove Avenue a Larchmont e avete un sistema di allarme Dictograph piuttosto vecchiotto. Se stasera torni a casa e trovi le loro teste sulla mensola del caminetto, Jimmy, pensa a Ellison e ai diritti del suo libro» (era facile allora, raccogliere informazioni sulla gente – figuratevi ora che c’è Feisbùc). Il giorno dopo Ellison telefona alla casa editrice con l’aria di quello che si trovava di lì per caso e passa a salutare i vecchi amici. Gli dicono, furibondi, che all’amministratore è quasi preso un infarto – ma di restituire i diritti del libro non se ne parla. E’ il momento di passare alla Bomba Atomica. La casa di campagna di Ellison era infestata dai topi. Ogni tanto ne trovavano qualcuno in una trappola, «stecchito come l’interesse di Reagan verso i poveri». Due settimane dopo, arriva all’attenzione dell’amministratore un altro pacco. Dentro c’è un ratto morto, morto da settimane. «Una cosa elegante», dice Ellison. Tre giorni dopo i diritti del libro gli vengono retituiti.
Regola Numero Sette: saranno loro a darvi l’occasione per pareggiare i conti. Questo è fondamentale. C’è un’intera genìa di bastardi che letteralmente vivono di soprusi e vessazioni. Non concepiscono altro modo di interagire col prossimo se non attraverso l’arroganza e la prevaricazione. Per loro, l'”altro” non esiste. Per questo non hanno scrupoli, ma hanno molti punti deboli. E’ un grosso errore tattico pensare che il tuo avversario non esista; pensare di essere così superiore al resto della razza umana da essere di fatto intoccabile: ti può dare un senso di onnipotenza, ma di fatto ti lascia esposto come una lumaca fuori dal guscio. Per questo è buona norma non rispondere all’arroganza con l’arroganza, al sopruso col sopruso – anzi, è saggio cedere per rafforzare la propria posizione (come l’acqua: dice il Tao Te Ching che l’acqua non ha neppure la forza di mantenere la propria forma, eppure travolge ogni ostacolo) e capire che la forza del piccolo è diversa, ma non minore, di quella del grande. La Grande Armée di Napoleone fu decimata dalla Rickettsia Prowazekii (0,3 millesimi di millimetro di diametro, l’agente eziologico del tifo) prima che dai cannoni dello Zar.
Regola Numero Otto: non basta pareggiare i conti. Ci vogliono gli interessi. E, di seguito:
Regola Numero Nove: occhio per occhio è una buona unità di misura. Come diceva Andreotti ne «il Divo»: «Nostro Signore ci ha detto: porgi l’altra guancia. Ma di guance ce ne ha date solo due». Dopodiché, mazzate.
Regola Numero Dieci: c’è gente a cui non bisogna mai, mai, mai, mai rompere i coglioni. Tipo Harlan Ellison, o la mafia lituana.
Fatene buon uso.


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