Gli Eterni

«Le mie ferite sono profonde, Kro! Ma sopravvivo! Sopravvivo per farmi beffe di parole così arroganti pronunciate da qualcuno abituato a giudicare gli altri!»

Questi si che sono dialoghi! Un fumetto in cui ci sia una battuta del genere, pronunciata per giunta da un personaggio come il capoccione rosso dell’immagine accanto, ci dice prima di tutto una cosa: se devi fare una cazzata, falla grossa. E in effetti Gli Eterni di Jack Kirby (roba di trent’anni fa) si muove pericolosamente in bilico tra il capolavoro e la minchiata, lasciando al lettore il compito di decidere quale dei due aspetti prevalga. Per noi, neanche a dirlo, è un capolavoro. Gli Eterni che danno il titolo a questa saga di divinità cosmiche e mazzate pure (nel senso di pure loro cosmiche) sono un popolo di superuomini immortali, che da millenni vivono su sperdute montagne dediti alla ricerca della Verità Assoluta e alla protezione dell’umanità, che nel corso dei secoli li ha trasformati in miti, divinità e leggende. Molti di loro camminano tra di noi sotto mentite spoglie: Socrate, la Maga Circe, Toshiro Mifune (!?) sono in realtà membri di questa razza eletta, creata dagli Dei in un lontanissimo passato a partire dai nostri antenati scimmieschi. Assieme agli Eterni crearono gli Uomini (noi) e i Devianti, orride creature che ora abitano in fondo al mar; e poi se ne andarono. Ora sono tornati per controllare il risultato del loro esperimento genetico. Kirby, come abbiamo detto, pensava in grande, e in effetti le sue visioni sono semplicemente fuori scala, nel tempo e nello spazio: in una scena che definire epica è poco, il Signore degli Dei dello Spazio, Arishem della Quarta Schiera – un cristone di seicento metri di altezza con una specie di secchio in testa – discende dalla sua sterminata Nave Madre sulle montagne andine (perchè gli Inca sapevano tutto e ci hanno lasciato messaggi, piste d’atterraggio e financo una squadra di tecnici Eterni ibernati pronti ad accogliere gli augusti ospiti) e si piazza lì su un piedistallo di pietra, per esaminare il mondo per cinquanta anni, al termine dei quali deciderà se lasciarlo in pace o gettarlo nel cestino. I terrestri reagiscono come formiche impazzite: gli Americani mandano razzi nello spazio, i Russi preparano la rappresaglia nucleare perchè, cheddiamine, sono Russi, i Mutanti dalla loro perduta Lemuria preparano la guerra finale contro tutti, e gli Eterni si decidono finalmente a scendere dall’Himalaya e aiutare tutti a mantenere la calma. Questo lo scenario; per il resto, sono mazzate. Gli Eterni sono ispirati (o ispirarono) i pantheon di molti popoli, in particolare i Greci: Zuras è Zeus, Ikaris è Icaro, Makarri è Mercurio e così via. Sono immortali e onnipotenti, e non ci sono in giro supereroi o supercattivi che possano dar loro fastidio (questa serie non era pensata come parte della mostruosa continuity che da sempre ingloba tutte le creazioni Marvel) – e gli dei sono fuori portata anche per loro. Quindi si menano fra di loro, in letizia e armonia, oppure con i Devianti (gente tipo Zakka, il Signore dei Marchingegni, oppure Tutinax lo Scuotimontagne, o Dromedan il Ladro di Cervelli), oppure altri malcapitati come un Hulk robot, creato da due liceali, che si ribella e spacca tutto (dove ho già sentito questa storia?); inframmezzando il tutto con pagine di rituali e discorsi incomprensibili, tipo l’Uni-Mente, in cui tutti gli Eterni si uniscono alla mente di Zuras (“Levitiamo, ora, per goderci un ultimo istante di volo prima di diventare una cosa sola con il grande Zuras!”) creando un megacervello intelligentissimo che poi non si capisce bene cosa faccia.
Beh, che altro dire? Gli Eterni resta per noi una pietra miliare del fumetto, e dimostra come la differenza tra il genio e “gli altri” sta nel fatto che il genio si crea i propri criteri di riferimento, e i metodi di giudizio che applichiamo agli altri qui non funzionano. Ovvero: questa è una storia strampalata, per usare un eufemismo, che oscilla tra l’epico e il ridicolo (tipo la lezione tenuta dagli Eterni all’università di New York per spiegare la vera storia della vita sulla terra, o il Deviante Kro che vuole conquistare il mondo facendosi crescere le corna e spacciandosi per il Diavolo), con personaggi assurdi, dialoghi altrettanto assurdi, disegni grotteschi (lo stile di Kirby è semplicemente impareggiabile, con quelle manone e soprattutto quei dannati pallini neri, fastidiosi come un distacco di retina, che nessuno ha mai saputo imitare) ed episodi inconcludenti – ma ciononostante, o forse proprio per questo, è una storia unica, perchè ha una potenza visionaria, un’ampiezza, e quel nonsochè di mitico, di archetipico, di fuori-del-tempo (eterno, appunto) che ti lascia senza fiato. Cioè, almeno noi. (Come tutte le serie a fumetti, anche Gli Eterni ha avuto il suo remake. Nonostante le buone premesse – disegni di John Romita e storia udite udite di Neil Gaiman – non c’è paragone. Peccato.)


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