Drachenfels


I romanzi fantasy ispirati a giochi di ruolo godono in genere di una pessima fama, almeno tra gli appassionati di mia conoscenza. Anzi, a voler essere precisi, si tende a considerare l’espressione “romanzo ispirato a un gioco di ruolo” come sinonimo di “minchiata”. In effetti, ripensando al primo volume della Dragonlance e ai suoi “usufruitori di magia” non è che gli si possa poi dare torto (agli appassionati di mia conoscenza, intendo), ma per fortuna c’è sempre l’eccezione. L’eccezione, in questo caso, è Drachenfels di Jack Yeovil, aka William King, autore di Anno Dracula e di altri pregevoli romanzi vampireschi. Perchè, direte voi? Vediamo un po’. Drachenfels, oltre che il titolo del romanzo, è il titolo di un’opera teatrale in cinque atti, più un prologo e un epilogo, per sei ore di durata, che Detlef Sierck, un ambiziosissimo giovane drammaturgo (nonchè scrittore, regista, compositore, attore, in una parola, la sua, genio), accetta di comporre e mettere in scena su richiesta di un nobile. Drachenfels è anche il nome, mai pronunciato ma al massimo sussurrato, di Constant Drachenfels, il Grande Incantatore: stregone, necromante immortale, una specie di incrocio tra Dracula, Voldemort e Gengis Khan, una tremenda presenza che da secoli e secoli incombe sull’Impero come una maledizione. Per due volte è stato sconfitto: la prima dal divino Sigmar, dio patrono dell’Impero; ma una volta non è mai abbastanza per ogni cattivo che si rispetti, e Constant Drachenfels non fa eccezione: la sua seconda sconfitta (quella definitiva?) fu solo venticinque anni fa, per mano di un giovane cavaliere, Oswald von Konigswald – lo stesso che, adesso, chiede a Sierck di mettere in scena le sue gesta. Sierck accetta di buon grado (anche perchè è l’unico modo per uscire dal carcere dova si trova in seguito al clamoroso fallimento della sua opera precedente)… e qui iniziano i suoi guai. Perchè von Konigswald vuole un’opera monumentale, da presentare all’Imperatore e ai più potenti nobili dell’Impero, e vuole, come palcoscenico, proprio il castello di Drachenfels: un luogo opprimente, maledetto, dove ben presto cominciano a succedere orribili incidenti e nessuno sembra in grado di riposare – neanche i morti. Costantemente in bilico tra l’ironia e l’orrore, tra lo splatter e il grottesco, Drachenfels è un romanzo teatrale: il suo protagonista, Detlef, non è un giovane mago alla scuola di magia, nè un cupo guerriero malinconico dal misterioso passato, ma un attore sovrappeso e vagamente megalomane; la storia non è il viaggio della compagnia guerriero-mago-elfo-eccetera per distruggere l’artefatto dell’oscuro signore, ma la messa in scena di un’opera teatrale, con la scelta degli attori, i dialoghi, le prove, gli incontri con i sopravvissuti della vera avventura, la sconfitta di Drachenfels, quello vero, venticinque anni prima. E’ un romanzo di personaggi, più che di azione: Yeovil mette in scena dozzine di comparse, riuscendo a caratterizzarle tutte magari solo con una frase o un aggettivo, e a dare vita al Vecchio Mondo (l’ambientazione del gioco di ruolo in cui si svolge il romanzo), non tanto con la presenza di mostri o draghi o nani o elfi – ma con i riferimenti continui ai suoi grandi scrittori, alle sue opere letterarie, agli intrighi politici e alle vicende di corte, ai culti e alle superstizioni, alle leggende e alle favole – in cui il terribile incantatore è ormai diventato una specie di babau per i bambini capricciosi. Ben diverso da quello che il povero Detlef si troverà ad affrontare sul palcoscenico… e fuori.


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4 pensieri profondi su “Drachenfels

  1. ottimo articolo, molto chiaro, io non sono un superappassionato del genere, ma ne capisco il fascino…

  2. il vero nome dell’autore non è Kim Newman, anzichè William King?

  3. Sì, stando a quanto dice wikipedia… evidentemente si firma Jack Yeovil, William King o Kim Newman o Toshiro Tamagawa per trarre in inganno i suoi nemici. ciau!

  4. Drachen ha a a che vedere con il drago ma significa “nibbio”. Ne ho visto uno andandoci, mentre il drago non c è. ..

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