«Spigolature»

  • Così continuammo a salire in alto, durante le notti, e a ridiscendere di giorno, finchè, in una notte di luna piena, vedemmo entrare dalla finestra l’upupa, che ci salutò con calore. Nel becco aveva un messaggio che giungeva dal pendio destro della vallata, nel luogo benedetto, dall’ Albero.
  • Tonante, equestre, mezzo addormentata, la polizia del Sikar interviene con grandi scudisciate imparziali.
  • Il sole splende – splende il sole: questa è la magia. Le radici si muovono e spuntano i fiori: questa è magia. Esser vivi è magia, ed è magia diventar forti. La magia è in me, in voi, e anche nella schiena di Ben.
  • «Pensa davvero che abbiamo creato le leggi perchè venissero rispettate? Noi vogliamo che vengano infrante […] Non c’è modo di governare degli uomini innocenti. L’unica forza di cui dispone un governo è di dare stangate ai criminali. Ebbene, quando non ci sono abbastanza criminali, se ne creano. Si dichiarano crimini tante cose che diventa impossibile per un uomo vivere senza infrangere una legge. Chi vuole una nazione di cittadini ossequienti? A che servirebbero? Ma basta approvare una serie di leggi che non possono nè essere rispettate nè interpretate oggettivamente e si crea una nazione di gente che infrange le leggi… per poterla prendere in trappola.»
  • D’otto gambe provveduti,
    hanno gli Acari tondetti
    apparenza di ragnetti,
    neonati hanno sei piè.

    E’ la Zecca ben vorace
    ma sa a lungo digiunare;
    può talora inoculare
    la malaria del bovin.

    Ed il psòrico Sarcòptide
    quale esperto minator,
    scava sotto l’epidermide
    cagionando gran prudor.

Citazioni tratte da: Shihab al-din Yahya Suhrawardi, Il Fruscio delle Ali di Gabriele; J.L. Borges, L’Accostamento ad Almotasim; F. H. Burnett, Il Giardino Segreto; A. Rand, L’Uomo che apparteneva alla Terra; C. Emery, Zoologia Popolare ovvero la Bestiale Commedia, Nuove Dispense di zoologia per le sessioni straordinarie d’esami disposte in 100 strofe facili e amene a cura di Cocò il Pappagallo, precedute da una lettera del Prof. Carlo Emery all’Autore (Bologna, Zanichelli 1905)


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