Kaprawoulf: CAP IX

s-kaprawoulfono un’uomo non sono un algonchino! (classificato terzo al concorso “Miglior Incipit per Capitolo IX al Concorso “Miglior incipit per il capitolo IX di letteratura algonchina””) era il titolo della canzone preferita di Erinnarinnirahannarica. Terza traccia dell’album “Sofficini Algonchini” dei Man O’Val (un gruppo di operai siderurgici svizzeri licenziati dalla Wolkswagen che si erano trasferiti a Zermelo sul Mare per timore di rappresaglie dal governo… ma non divaghiamo… o meglio non più del solito che un pochino di divagazione va bene e lo sapete anche voi… che magari poi chiamiamo Circe, la divagatrice di Posillipo, ma non ora, va bene?). Ebbene per ragioni legate alla censura, alla sicurezza dello Stato e al corretto modo di cucinare lo stufato di Papero il titolo di suddetta canzone era stato cambiato in Sono un uomo, non solo un algonchino. Solo 3 copie dell’album con la versione originale sopravvivevano (bè non è che sopravvivevano perchè non è che gli album possono sopravvivere dato che non vivono, tanto per cominciare, e forse dovremmo dire erano in giro, ma non è che gli album vadano in giro da soli, a meno che non abbiano le gambe ma finora nemmeno Prince ha pensato di fare un album con le gambe, no? Eh? Ah, lo ha fatto?). Erinnarinnirahannarica doveva averne una. Doveva! Mica le avrebbe fatto piacere. O avrebbe desidearto. O Frullato di mirtilli. No! Doveva! E perchè mai? E che ne so, io? Poi glielo chiedo, va bene? Posso andare avanti adesso? Grazie.
Ed era per questo motivo che cinque mesi prima, quel fatidico pomeriggio (quale chiederete voi? E io vi dirò “La smettete di fare domande e leggete un po’ buonini che se no me ne vado a casa e chiudo baracca e burattini (e qualcuno chiederà “Come si fa a chiudere i burattini?”) sigh…”) ella (Erinnarinnirahannarica) si trovava da Nashville in via Lazzaretto, a…
Tapinambour!
Già!
Pazzesco vero?
No, se ci pensi è già strano che un paese nella Terra Del Freddo Lontana e Inospitale abbia una via che si chiama Lazzaretto, se poi aggiungiamo che…vabbè.
Ad ogni modo Erinnarinnirahannarica era lì. Frugante tra i dischi incrociò lo sguardo di un uomo. Egli (l’uomo) sembrava turbato, ma non da lei, da qualcos’altro. Come se un ombra di minaccia aleggiasse minacciosa minacciando il suo capo e la sua persona (che poi sono sempre lui che era una persona e non un capo a meno che non si riferisse al suo capo, ma si era da poco licenziato e quindi il suo capo non era più il suo capo ma il capo di qualcun’altro). Lui le si avvicindò, l’accostatò e interloquì (sì, questo verbo esiste):
“Signorina, io ho un segreto.”
“Dove?”
“Eh?”
“Dove ha un segreto?”
“No, è una cosa che so solo io.”
“Solo lei sa dove ha un segreto?”
“No. Il segreto è una cosa che so solo io. E non sta da nessuna parte. Mi segue?”
“E’ fermo.”
“Sigh.”
“Signorina, mi deve aiutare, io potrei non arrivare a domani.”
“Oh, non si sforzi. Se aspetta con pazienza domani arriva senza che lei debba raggiungerlo. Io faccio sempre così.”
“Ma domani potrei essere morto.”
“E oggi chi è?”
“Oggi sono Gigiwoulf. In realtà sarebbe Luigiwoulf ma tutti mi chiamano Gigiwoulf. Piacere.”
“E ieri?”
“Eh?”
“Ieri chi era?”
“Sempre Gigiwoulf, perchè?”
“Quindi cambierà nome stasera?”
“No, io potrei morire stasera. O prima. O dopo. Comunque presto. Ci sono degli uomini che mi seguono.”
“Quelli là?” Chiese Erinnarinnirahannarica indicando due energumeni che stavano sulla porta.
“No. Cioè, sì. Anche quelli mi seguono ma quelli sono ausiliari della sosta. Sono innocui. Hanno giurato di non mollarmi finchè non pagherò la multa per divieto di abluzione che ho preso tre mesi fa. Intendevo altri uomini, diversi. Più forti, più veloci, più spietati, più… minacciosi!”
“WoW!”
“Ganzo, eh? Cioè, a parte la parte sulla morte incipiente, che preferirei evitare.”
“Tutti dobbiamo morire.”
“Sì, ma non stasera.”
“Vero.”
Intanto i tizi sulla porta lo aspettavano.
“No, se ci pensi, stiamo seguendo sto tizio da tre mesi per una multa di 15 Euri. E non è che ci pagano poi così tanto.”
“Ma sai che hai ragione? Io ho pure moglie e figli e non li vedo da… da.. da…”
“Tre mesi?”
“Già. E tu come fai a saperlo? Mi stavi forse seguendo?”
“Bè. Non te, ma tecnicamente se ci pensi è un po come se ci stessimo seguendo a vicenda.”
“Io non sto seguendo nessuno!”
“A parte quel tizio là.”
“Ok, a parte quello lì, ma questo non toglie che tu mi stai seguendo da tre mesi impedendomi di vedere mia moglie e i miei figli. Si può sapere cosa vuoi da me? Eh? Parla miserabile! Dimmi cosa vuoi! Io non ne posso più, rivoglio la mia vita bastardo! Non la farai franca maledetto. Mi hai rubato tre mesi di vita, e i miei figli e i primi passi di Gennarino, che vabbè ha quasi 18 anni ma tra poco camminerà, lo so. Come hai potuto! E io mi fidavo di te. E nemmeno ti conosco. E mia mamma diceva sempre di non fidarsi degli sconosciuti e aveva ragione. Ma avrò la mia vendetta! Oh! Sì! Uah! Uah! Uah! Sentirai ancora parlare di me!” E si dileguò tra via Panfilo Castaldi e Via Lazzaro Palazzi.
“Ehm, scusatelo. Lo stress. Le feste che si avvicinano, il mutuo. Ma in fondo è un bravo ragazzo. Abbiamo passato insieme tre mesi e… ma cosa sto dicendo? Io vado. Addio!” E anche lui se ne andò lentamente verso piazza Lima.
Gigiwoulf approfittò del trambusto per lasciare una lettera in mano a Erinnarinnirahannarica.
“Addio signorina. La apra quando sarà il momento.”
“Cosa?”
“La lettera.”
“Quale lettera?”
“Quella che… Ehi! Tu! Torna qui, ridammi la mia lettera…” Urlò Gigiwoulf a un omino basso basso con le manone che si stava allontanando.
“Ok, scusi.”
“Ma tu guarda che tempi.”
Gigiwoulf tornò da Erinnarinnirahannarica.
“Eccola. Mi raccomando…
Erinnarinnirahannarica guardò la lettera. Sul retro c’era scritto “Da aprire quando sarà il momento”.
“E quando sarà il momento?” chiese.
Ma Gigiwoulf si era dileguato nella nebbia… un negozio con la nebbia? Vabbè.


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