Il libro del sole e dello scorbuto: Se passate da via Broletto (Poponi Collaterali I)

Poponi collaterali I

Se passate da via Broletto

«Squeak.»

Il pappagallo sta guardando fuori dalla finestra con un misto di rassegnazione e disgusto mentre il suo migliore amico non lo degna di uno sguardo.

«E comunque non ci credo.»

«A cosa?»

«L’Inghilterra.»

«Ah, ma guarda che neanch’io ci credo, Hermann. È per questo che voglio andarci. Per controllare. Viviamo rinchiusi in pochi chilometri quadrati e appena ci muoviamo immani disastri scatenati da chissà quali divinità si abbattono su di noi. Andare alla frontiera di Bellinzona è un’impresa da titani. Chi è stato l’ultimo esploratore a raggiungere l’Inghilterra? Vasco de Sgama? Neanche immaginiamo come vive la gente in Svizzera, che religioni seguono, che riti burocratici praticano. Figuriamoci in Normandia o alle isole Aran. Io devo sapere.»

Scoglio Fraunhofer sta infilando calze e mutande alla rinfusa nel vecchio zaino Evicta color rosa confetto da lui amichevolmente chiamato Sigfrido.

«Squek.»

Insiste Hermann Ludwig Ghofer Mascanbrughi planando sul grosso zaino da viaggio.

«C’è la TV. Squek. La puoi vedere là l’Inghilterra.»

«Mah. Tu credi a quella roba? Il governo ti ammazza con l’onda. Magari credi anche alla linea tre.»

«A Hermann piace ‘Azzecca il maiale’. Squeak. E un giorno avremo la linea tre, Hermann ne è certo.»

«Come no. Senti, ti capisco. E a me piace guardare la TV con te, ma tu cerca di capirmi pure. Non posso vivere così. Devo sapere. Devo vedere…»

«L’Inghilterra.»

«L’Inghilterra.»

Hermann guarda il pavimento sconsolato. Salta giù dallo zaino e recupera un cracker che era scivolato sotto il divano chissà quando.

«Hermann non capisce, ma se devi andare vai. Quando parti?»

«Domani.»

«Squaaak! Domani? Maccheccazzo! E io che faccio da solo adesso? Ma ti pare il modo di fare?»

«Hermann, un uomo deve fare quello che un uomo deve fare e io devo andare…»

«In Inghilterra! Ho capito. Ho capito. Ma domani! Per Palamidone, che roba. Certo che potevi dirmelo prima. E a capodanno che faccio? Mi fai iniziare gli anni novanta da solo? Ma dico! E poi come la mettiamo con l’appartamento?»

«L’affitto è pagato fino a fine mese. Troverai qualcuno prima di allora… A capodanno ti penserò. Ti immaginerò a ballare fare festa con tutti gli altri.»

«Ma guarda te. Scoglio… che razza di fez! Hermann non è contento.»

«Su Hermann! Alto il morale! Stasera festeggiamo! Una bella notte di bagordi come ai vecchi tempi. Per l’ultima volta. Birra e cracker a fiumi.»

«Se paghi te.»

«Mi mancherai, Hermann.»

«Fanculo.»

Tre ore dopo i due sono in strada. Il sole sta calando lentamente dietro gli alberi dei giardini di porta Venezia e l’aria è piacevolmente fresca. Scoglio si è portato dietro lo zaino. Chissà mai che si faccia l’alba.

«Da dove si comincia? – domanda il Mascanbrughi, il quale, placidamente accomodato sulla spalla di Scoglio Fraunhofer, gli da un’aria vagamente piratesca.»

«Per adesso andiamo al Trentotto, gli altri ci raggiungono lì. Poi vediamo. Tania vuole andare al Sassofrasso. Verso le due sarebbe carino passare dal Casoline.»

«Tania Salamandra De’Grappoli?»

«Lei.»

«E chi altro viene?»

«Tonno, Larva Rosenthal, suo cugino Ruto, poi ci dovrebbero essere Enrico Maria Salerno Gutierrez, Mario Primo e Mario Secondo e forse viene anche La Fagiana.»

«Oh. Anche Enrico Maria Salerno Gutierrez? Cheppalle.»

«Perché? Che ha?»

«A Hermann non piace Enrico Maria Salerno Gutierrez. Prima di tutto devi sempre pronunciare il suo nome per intero e poi è noioso.»

«Non è colpa sua. Ha la maledizione di dover sempre rimarcare l’ovvio. Comunque dopo un paio di negroni stai certo che non te ne importerà nulla.»

«Forse viene anche La Fagiana, hai detto?»

«Sì.»

«A Hermann piace La Fagiana.»

«A tutti piace La Fagiana. Su, dai, vedrai che ci divertiamo.»

«Fanculo.»

Tre ore dopo la compagnia è ubriaca marcia e marcia ubriaca in via Fatemalesorelle verso il Sassofrasso.

«Che ore sono? – domanda il Mascanbrughi che da quindici minuti buoni sta saltellando da una spalla all’altra disturbando tutti. Larva e Ruto sono rimasti indietro apposta per evitarlo.»

«Sono le nove…»

«…e un quarto. – rispondono immediatamente Mario Primo e Mario Secondo. Scoglio ha sempre trovato adorabile il loro modo di parlare come i nipoti di Paperino.»

«Mi mancherete, ragazzi.»

Il Fraunhofer abbraccia i due Mario, uno a destra ed uno a sinistra.

«Tra tre quarti d’ora saranno le dieci – esclama Enrico Maria Salerno Gutierrez.»

«E? – domanda il Mascanbrughi.»

«Alle dieci mancheranno solo due ore a mezzanotte.»

«E?»

«E a mezzanotte inizia un nuovo giorno.»

«E?»

«E niente.»

Hermann lancia un’occhiata di traverso a Scoglio il quale però non lo vede.

Davanti al Sassofrasso li aspetta La Fagiana, in pantaloni neri di pvc, capelli blu e trucco esagerato.

«È qui la festa?» urla alzando al cielo il bicchiere mezzo vuoto.

«Lo è adesso!» ulula gioioso il pappagallo volando in faccia alla Fagiana.

«Fanculo!»

Tre ore dopo, in coda davanti al cratere di accesso al Casoline, il gruppo ha l’aria sfatta tipica della gioventù milanese il sabato sera. Per entrare al Casoline bisogna calarsi nel cratere da una scala a pioli lunga dieci metri. Il locale esiste da tempo immemorabile. Non si sa da quanto. Fu trovato accidentalmente sul finire del diciottesimo secolo da due soldati napoleonici intenti a scavare una buca. Si racconta che il pavimento gli cedette sotto i piedi e i due si ritrovarono in questo vasto antro riempito da luci stroboscopiche, musica tecno con i tre ‘angeli efebici’ intenti a ballare incuranti del resto. La musica continua ininterrottamente giorno e notte da sempre. E i tre angeli non hanno mai smesso di ballare. Nel corso degli anni il locale ha raggiunto una popolarità anche superiore a quella del Plastic e i tempi di attesa per entrare sono cresciuti all’inverosimile. A un certo punto era diventato necessario mettersi in coda il giovedì per poter entrare il sabato sera. Per risolvere il problema i gestori hanno assunto Gino Ludovico Yolanda, noto clochard di Porta Venezia che ha la maledizione di far passare il tempo più in fretta quando si diverte. Gli hanno costruito un piccolo appartamento di fianco all’ingresso del locale e lo mantengono felice bombardandolo costantemente con i suoi programmi televisivi preferiti. Oggi l’attesa per entrare dipende dal livello di intrattenimento di Gino Ludovico, ma se c’è Fantastico in TV, sessanta ore di attesa possono passare in meno di cinque minuti.

«Io ti invidio. Non sai quanto vorrei lasciare questa città.»

Enrico Maria Salerno Gutierrez sta urlando cercando di sovrastare il volume della musica. Scoglio nel frattempo sta cercando di attirare l’attenzione del barista per avere un cocktail, ma senza successo. Tania, Tonno, Larva e Ruto sono sulla pista a ballare come dervisci. Mario Primo e Mario Secondo cantano a squarciagola, tanto nessuno li sente.

«Ui ar…»

«…famili!»

«Aigot La Fagiana…»

«…uitme!»

Accanto alla postazione del DJ La Fagiana sta flirtando con due Orsi. Hermann Ludwig Ghofer Mascanbrughi vola e balla attorno agli ‘angeli efebici’ attaccati al soffitto cantando ‘Tainted love’ anche se la canzone è finita da dieci minuti buoni.

«E perché non lo fai?»

«Eh? Parla più forte. Non ti sento con tutta la musica.»

«Ho detto perché non lo fai? Perché non te ne vai?»

«Non posso. Ingiunzione del comune.»

«Ma dai?»

«Una delle mie benedizioni è di ‘salvare la città’, ma non è specificato quale città. Così il comune ha decretato che non me ne posso andare.»

«Ma dai.»

Nel frattempo la situazione della Fagiana con gli Orsi è degenerata in una rissa. Uno degli Orsi ha scaraventato La Fagiana dietro al bancone del DJ. Tania e Tonno sono corsi in aiuto dell’amica e stanno cercando di immobilizzare a terra l’Orso. Ruto e Larva, intuendo che presto saranno fuori dal locale, stanno cercando di recuperare le giacche dal divano nell’angolo che ora è occupato da una coppia di Neozarri. Al grido di ‘Squeeek!’ Hermann Ludwing Ghofer Mascanbrughi si getta sul secondo Orso cercando di graffiarlo con le zampe. Il DJ fa finta di nulla, cercando di camuffare il casino dietro a un brano degli Einstürzende Neubauten. Mario Primo e Mario Secondo non si sono accorti di nulla.

«Luchi forsam pasta…»

«…bebi disivni!»

«Aiuontt sam pasta…»

«…bebi tunai!»

Poco dopo intervengono i buttafuori che prendono il trio belligerante trascinandolo verso un uscita secondaria. Larva e Ruto li precedono con le giacche, facendo cenni verso Scoglio e Enrico Maria Salerno Gutierrez.

In un’attimo Tania, Tonno e La Fagiana vengono scaraventati sull’asfalto con forza dai tre energumeni della sicurezza. Larva e Ruto escono dietro di loro ringraziando ossequiosamente per la piacevole serata. Poco dopo arrivano Scoglio e Enrico Maria Salerno Gutierrez, con ancora in mano i cocktail.

«Che è successo?» domanda Scoglio.

«Siete per terra.» rimarca Enrico Maria Salerno Gutierrez guardando Tania, Tonno e La Fagiana.

«Che è successo?» insiste Scoglio.

«Che ci fate per terra? Avete un aspetto terribile» precisa Enrico Maria Salerno Gutierrez porgendo una mano alla Fagiana.

«Fanculo.» risponde la ragazza, alzandosi a fatica.

«Dov’è Hermann?» domanda Scoglio, allarmato.

«Non è qui.» risponde Enrico Maria Salerno Gutierrez. La Fagiana non può fare a meno di alzare gli occhi al cielo. In quel momento la porta si apre di nuovo e uno dei buttafuori lancia Hermann Ludwig Ghofer Mascanbrughi verso il gruppo.

«Fanculooooooooo…»

Tre ore dopo il gruppo si trascina per via Broletto in cerca di una salamella ancora aperta. Sono quasi le cinque del mattino.

«Pensavo fossero gay.»

«Non quegli Orsi. Quelli con cui hai fatto a botte sono animali da circo. Coperti di pelo. Quelli che dici tu sono persone. Ok, coperti di pelo pure loro, ma sono persone.»

«E perché si chiamano Orsi, allora? Se sono persone. Chiaro che uno poi si confonde.»

«Proprio tu a fare ‘ste domande? La Fagiana?»

«Che c’entra, scusa?»

«Larva!»

«Eh?»

«Dove sono Mario Primo e Mario Secondo?»

Al Casoline stanno suonando ‘Aiuil survai’, Mario Primo e Mario Secondo, in piene trance ballerina, hanno l’aspetto di due che non se ne andranno mai dal locale. In via Broletto il gruppo si guarda attorno per qualche secondo, poi all’unisono fanno tutti spallucce e si rimettono in cammino.

«Tonno!»

«Che c’è?»

«Tu non hai mica il dono di trovar cibo quando hai fame?»

«Sì.»

«Ottimo! Dove si va?»

«E che ne so? Mica ho fame adesso. Ho fatto una cena sostanziosa in vista della serat…»

Le parole muoiono in gola a Tonno quando si avvede dell’enorme golem che si trova davanti a loro alla fermata del quattro. Alto oltre quattro metri, dall’aspetto umanoide, massiccio e vagamente traslucido, il colosso è fermo davanti al cartello della fermata del tram.

«E quello che cazzo è?» domanda Ruto mentre il gruppo si avvicina. Attorno a loro non c’è un anima. Inutile sperare in una ronda dei Caschi di Ghisa a quest’ora della notte.

«Puzza di fritto.»

«Unto è unto.»

«Sembra stia aspettando il tram.» commenta Enrico Maria Salerno Gutierrez.

«E come ci sale sul tram questo?» sussurra Larva a nessuno in particolare. Improvvisamente il golem si avvede della loro presenza e in un attimo si avventa su di loro urlando, sputando e sbavando. Il gruppo si lancia in fuga nella direzione opposta, ma lento e maestoso davanti a loro si para il quattro. Il tram. All guida c’è un anziano conducente con lunga barba e capelli bianchi. Dalla mansarda all’ultimo piano del tram si sentono le voci della famiglia sul sottofondo della TV. Il gruppo si trova esattamente a metà strada tra il tram e il golem. Enrico Maria Salerno Gutierrez esclama «Ehi ragazzi!» neanche fosse Fonzie. Tutti si fermano voltandosi verso di lui.

«Siamo nei guai!»

«Ma per la Mamma di Palamidone, anche in un momento come questo devi dire ovvietà? Ma come fai?» sbotta il Mascanbrughi.

«Perdonalo, Enrico Maria Salerno Gutierrez, è un po’ stressato per via della mia partenza domani.» interviene Scoglio Fraunhofer. Il golem e il tram si sono fermati entrambi a pochi metri da loro. Il conducente sta pestando furiosamente sul campanellino nella speranza che si tolgano di mezzo. Il golem sta sbavando sul pavè, guardandosi intorno con aria feroce.

«Ok, siamo tutti provati dalla serata, non litighiamo tra di noi, ok?»

«Ok.»

«Va bene.»

«Hai ragione.»

«Scusa, amico.»

«Anche Hermann si scusa.»

«Nessun problema.»

«Ti voglio bene.»

«Anch’io.»

Si guardano.

«E ora?» domanda La Fagiana.

«So io che fare.» Enrico Maria Salerno Gutierrez si incammina lento verso il colosso.

«Tocca a me salvare la città. So come controllare il coso.»

Enrico Maria Salerno Gutierrez si ferma ai piedi del golem, il quale lo squadra per alcuni secondi. Poi lo afferra con una manona unta e lo ingoia in un solo boccone. La figura di Enrico Maria Salerno Gutierrez si intravede all’interno del corpo traslucido del mostro, sta come nuotando lentamente verso la testa. Appena Enrico Maria Salerno Gutierrez raggiunge la testa il golem si muove, a fatica, riluttante, spostandosi verso il poster di Armani. Il suo corpo si fa via via più denso e pesante.

«Lo sta controllando.» urla Ruto.

«Esci di là, pirla!» gli fa eco Scoglio. Ma Enrico Maria Salerno Gutierrez ormai è quasi immobilizzato nella testa del golem. Alla fine il mostro rimane immobile si blocca in una posa che ricorda vagamente il Pensatore di Rodin mentre Enrico Maria Salerno Gutierrez è visibile al suo interno con un sorriso idiota sulla faccia e la mano destra accanto alla bocca con due dita alzate a formare una ‘V’. Il quattro gli passa accanto lentamente col conducente che impreca sull’educazione della moderna gioventù e cosa sarebbe successo loro ai suoi tempi.

Dopo qualche minuto appare chiaro che Enrico Maria Salerno Gutierrez non uscirà dal golem. Una statua di unto a monito dei passanti.

«Bè.» dice Ruto. «Domani mi devo alzare presto, che ho una visita.»

«Anch’io andrei a casa, si è fatta una certa, sapete.» gli fa eco Larva.

«Vi diamo un passaggio.» si aggiungono Tonno e Tania e in meno di un minuto, davanti alla statua del golem di Enrico Maria Salerno Gutierrez, sono rimasti solo Scoglio, Hermann e La Fagiana.

«Hermann. Scoglio.»

«Fagiana.»

«È stato un onore fare bagordi con voi. Credo di avere una costola incrinata. Mi sa che faccio un salto all’ospedale.»

Senza aspettare risposta La Fagiana si volta e se ne va. Dopo alcuni metri alza un braccio a pugno chiuso facendo il simbolo mondiale del ‘rock and roll’ con le dita. I due rimasti rispondono al gesto silenzioso e poi si incamminano lentamente, senza parlare, verso Piazza Castello, dove Scoglio si unirà alla comitiva Torpedoniera diretta verso il Passo dello Stelvio. Partenza alle cinque e trenta. In Cairoli Scoglio si ferma.

«Salutiamoci qui, prendi il tram e vai a casa, hai un aspetto orribile.»

«Va bene. Hermann è molto triste. Mandami una cartolina dall’Inghilterra.»

«Non mancherò.»

I due si guardano per un secondo.

«È stata una gran serata.»

«Memorabile. Hermann non crede che uscirà mai più la sera dopo di oggi.»

«Allora ciao, Hermann.»

Scoglio si sistema lo zaino in spalla, si volta e se ne va. Il pappagallo scuote la testa e si incammina verso casa.

«In giro dalle sei e neanche un cracker. Fanculo.»

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FINE

***

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