Il Libro del Sole e dello Scorbuto: Ipostapìa del Colosso

 

Madame Govorova, chiaroveggente famosa, aveva preso un brutto raffreddore, ciononostante è nota come la donna più saggia d’Europa, con un diabolico mazzo di carte. “Ecco qui”, disse al Visir di Chakakhan, “la vostra carta, il Marinaio Fenicio fermato dalla Finanza.”

“No, guardi, non è per essere scortese, ma non sono qui per le carte…”

“Non dica nulla! Lei è qui, lei è qui per il suo cappello!”

“Che c’entra il mio cappello?”, chiese il visir, aggiustandosi il fez. “No, sono qui per il mio cane.”

Stravaccato sul pavimento, un enorme bracco li fissava con sguardo apatico.

“Lo so, gli spiriti me lo hanno detto. Il suo cane, Fido, Fuffi, Briciola -“

“Diplomatico.”

“Diplomatico, già. Cos’ha che non va?”

“Non ha voglia di far nulla.” Il cane sottolineò la cosa con un rumoroso sbadiglio.

“Vede? E’ apatico, è spento, è… insomma, è un’ameba. E dire che è un cane di grande lignaggio, sa? Mi fu donato dal Patriarca di Costantinopoli.”

“Ah. E come mai si è rivolto a me?”

“Mio cugino Emilio, che abita a Vienna, ha comprato da lei una pozione anturufale per l’ipostapia del colosso. Su ebay.”

“Lei intende lo sciampo antiforfora per il suo molosso?”

“E’ un bracco. Ma no, lui ha detto proprio così, pozione anturufale per l’ipostapia del colosso.”

“Mah.”

“Comunque si è trovato bene.”

“Me ne compiaccio. Ora veniamo al suo problema.”

Gironzolando per lo studio della maga, ingombro all’inverosimile di ogni sorta di cianfrusaglie, il visir di Chakakhan spiegò la situazione. Raccontò di come Diplomatico fosse un cane di notevole intelligenza, laureato alla Sorbona in Scienze della Comunicazione; di come egli (il visir) cercasse di tenerlo attivo in ogni modo, trascinandolo tutti i giorni in palestra, a catechismo, a fare jogging al parco, in piscina, al cinema, a lezioni di violino, di scherma e di decoupage. Eppure Diplomatico non aveva amici, nè fidanzata, nè interessi a parte stravaccarsi sul divano a guardare le televendite. Stava ormai ingrassando a vista d’occhio, il suo pelo era spento e grigio e insomma, il patriarca di Costantinopoli, che era passato a Ferragosto, non l’aveva trovato bene.

“Capisco. E’ un problema di non facile soluzione, e dovrò dar fondo a tutte le mie risorse magiche.”

Provarono la Pozione di Maria l’Egizia; provarono gli incantesimi di John Dee e di Giona Sufurino; provarono con gli scongiuri del Libro di Gigi e della Sacra Pergamena di Vaprio d’Adda. Provarono il Talismano di Fonzie e le reliquie di Sant’Upupo d’Arimatea.

Rovistando tra cimeli e reliquie esoteriche riportarono alla luce antichi tesori che la maga aveva dimenticato: l’Occhio di Vecna, i Manoscritti Pnakotici, e la Bacchetta del Trasferimento Animico del Mago Malpigio. Di ciascuno Madame Govorova spiegava l’origine e l’utilizzo al suo cliente; oggetti preziosi e rarissimi, che però, ahimè, non potevano aiutarli.

Invocarono l’angelo Ukulele e il demone Vassago (quello del Forum di Vassago); ma invano. Il cane giaceva come una balenottera spiaggiata in mezzo al pavimento, tra candele, incensi e filtri vari, e li guardava di traverso. “Forse ci vuole un po’, prima che faccia effetto…”, disse la maga, perplessa.

Mentre i due erano intenti a discutere, sfogliando antichi tomi di sapienza, Diplomatico si alzò a fatica dal tappeto. Non visto, andò allo scaffale, annusò la bacchetta del Mago Malpigio e l’afferrò tra i denti. Poi, ciondolando, si avvicinò alle spalle della maga e la toccò con la bacchetta.

ZOT!

L’esplosione gettò lo studio nel caos, come al passaggio di un ciclone. Mobili rovesciati, libri sparsi in ogni dove, candele e lampade spente, tende strappate, il visir a gambe all’aria. Il cane cominciò ad abbaiare furiosamente e a correre qua e là come impazzito. Madame Govorova si alzò a fatica, si guardò per un attimo i pollici opponibili, e si spolverò la veste.

Il visir guardò il cane con tanto d’occhi “Miracolo! L’incantesimo – non so quale, uno qualunque – ha funzionato!” Madame Govorova allargò le mani, annuendo come a dire, “Eh, già”. Il visir l’abbracciò, la baciò e prese congedo, promettendo di coprirla d’oro quanto prima. Poi se ne andò, trascinandosi dietro un cane isterico.

La maga si guardò attorno, accese il televisore, cercò un canale di televendite e poi si stravaccò sul divano, e da lì non si alzò più.

E ciò sia di monito per le future generazioni.

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